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giovedì 29 marzo 2018

Faeto e Celle San Vito, enclave francoprovenzale in Puglia



Faeto e Celle San Vito in Puglia, enclave franco-provenzale
Non solo arbereshe, la ricchezza linguistica della Puglia comprende anche il franco-provenzale


L’origine delle colonie linguistiche di Faeto e Celle di San Vito risale al 1269, quando Carlo I d’Angiò inviò un distaccamento di soldati a presidiare il centro fortificato di Crepacore, concedendo loro, poi, di insediarsi con le proprie famiglie nell’omonimo vicino Casale e nei dintorni.
Verso il 1340, con la ripresa delle ostilità prima tra gli stessi Angioini e quindi contro gli Aragonesi, una grossa parte degli abitanti lasciò il casale per trasferirsi nell’attuale sede di Faeto, mentre gli altri occuparono il territorio dell’odierna Celle.
In accordo con l’editto del 1274 con cui Carlò I d’Angiò dispose che «usque ad centum focularia» (un centinaio di famiglie) scendessero in Capitanata dalla Provenza, si è sempre pensato che Faeto e Celle fossero provenzali.
Così nel 1490 il guascone (occitano) Philippe de Voisins, tornando dalla Terra Santa, si stupiva che nella vicina Monteleone si parlasse la sua lingua. Allo stesso modo, nel 1556, Pio V in una bolla chiamò gli abitanti di Faeto e Celle «provenzali».  E non diversamente lo storico valdese Pierre Gilles, nel 1641, parlò di valdesi provenzali che in successive ondate tra l’inizio e la fine del XIV secolo, perseguitati dal papa, si rifugiarono nelle Valli valdesi cisalpine (occitane) per poi trasferirsi in Puglia e fondare «cinq villettes closes: assavoir Monlione, Montavato, Faito, la Cella et la Motta». Provenzale, infine, viene definito dall’Avv. Francesco Alfonso Perrini il dialetto di Celle in cui traduce la Novella IX della prima giornata del Decamerone
Approfondiamo la conoscenza di questi due paesi:
Faeto fa parte della Comunità Montana del Subappennino Dauno Meridionale ed è il più alto ed uno dei più graziosi paesi della Capitanata.
Situato a 866 metri di altitudine, nella parte meridionale del Subappennino Dauno, è abitato da circa 800 persone. Il territorio è prevalentemente montuoso e raggiunge le massime altezze con il Monte Cornacchia a 1.151 metri di altitudine.
Il paese si sviluppa a mezza costa e "come un nido di uccello" è adagiato sul fianco est del Monte Perazzoni. e per la sua felicissima posizione offre ai visitatori uno spettacolo notevole di bellezze paesaggistiche ancora incontaminate, di storia, di costumi, di folclore.
Da qui, come dalle cime del Subappennino che circondano il paese, si possono dominare  valloni, la piana del Tavoliere e, nelle giornate prive di foschia, il mare Mediterraneo e i monti del Gargano.
Qui si può trovare una ricca varietà di alberi: querce, cerri ippocastani, aceri, olmi, robinie, salici, faggi, frassini, agrifogli, cornioli; biancospino, ginestre, susini selvatici; di fiori di campo: viole, primule, anemoni, gigli, narcisi, orchidee, asfodeli, oltre a ruscelli e sorgenti d'acqua limpida e fresca.
Il clima è quello tipico appenninico: inverni freddi, estati non molto calde.
Per chi vive a Faeto, conoscere la storia del proprio territorio serve non solo come conoscenza del passato per una più corretta valutazione del presente, ma anche come motivo di riappropriazione della propria identità e della propria civiltà, con l'impegno di conservare il patrimonio di cultura e di tradizioni derivante dal passato.
L'attività predominante è quella agricola con  produzione locale di grano, oltre a girasole e mais. Di una certa importanza è la coltivazione delle leguminose e tuberose; da segnalare, in particolare, la produzione di fagioli e patate che per la loro bontà e squisitezza sono rinomati e ricercati. Fama di bontà, giustamente meritata, godono i salumi prodotti sul posto.


Oltre a Faeto, anche  il comune di Celle di San Vito, il centro più piccolo della Capitanata e della Puglia per numero di abitanti , rappresenta l’unica minoranza francoprovenzale in Puglia.
Il toponimo è da ricondurre alla presenza, nel Duecento, di un cenno biologico utilizzato come residenza estiva dai monaci benedettini del convento di San Nicola e dal piccolo santuario dedicato a San Vito situato sull'omonimo monte che sovrasta il paese.
Sebbene l’uso della lingua originaria della Francia alpina si attesti intorno alla metà del XVI secolo, è più che probabile che la sua diffusione abbia avuto inizio molto prima, intorno al 1200 quando alcuni ex soldati angioini si stabilirono nel centro di Celle di San Vito, dove dei monaci avevano costruito un piccolo Eremo. Il francoprovenzale è stato per secoli la lingua dominante, tanto che fino a meno di trent’anni fa, la maggioranza dei cittadini di Celle e di Faeto parlava esclusivamente il provenzale. Con la legge 482 del 1999, lo Stato ha riconosciuto la tutela delle minoranze linguistiche presenti in Italia, incluso il francoprovenzale.
I due centri hanno  istituito uno Sportello Linguistico (Faeto, nel 2003 e Celle San Vito nel 2010) che ha come scopo principale il recupero del patrimonio linguistico, la sua promozione e valorizzazione. Nel corso degli anni sono stati organizzati incontri a tema, oltre a ricerche (in collaborazione con la Facoltà di Lettere dell’Università di Foggia) che hanno condotto alla pubblicazione di una brochure, di un libro e di un calendario in francoprovenzale
Con la Legge n. 482 del 15 Dicembre 1999, denominata “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche” e pubblicata il 20 dicembre 1999 nel numero 297 della Gazzetta Ufficiale, la Repubblica Italiana, che già valorizza il patrimonio linguistico e culturale della Lingua Italiana, si impegna anche nella valorizzazione delle cosiddette lingue e culture “minoritarie” presenti nel territorio italiano.
Richiamandosi all’articolo numero 6 della Costituzione che afferma “La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche” e richiamando i princípi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali, con la Legge 482 lo Stato Italiano afferma dunque di voler tutelare “la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo”.
È fondamentale coinvolgere le nuove generazioni: a Celle San Vito  gli ultimi. nati sono venuti alla luce nel 2014.
Sono numerose le iniziative che vengono organizzate nel piccolo borgo dalla Via Crucis del Venerdì Santo alla Sagra dell’agnello, quando la cucina Daunia presenta i suoi straordinari prodotti e dove la carne d’agnello viene coniugata in mille modi, in ricordo di quell’epoca delle transumanze che non è mai stata dimenticata.
La Festa di San Vito, San Modesto e Santa Crescenzo si tiene due volte l’anno, con una processione molto sentita dalla popolazione devota che segue composta i carri addobbati e drappeggiati con sopra le statue dei suoi santi. Con la Festa dell’emigrante, l’intero paese si raduna attorno ai propri amici e parenti che ritornano al borgo per qualche giorno per ritrovare la propria lingua, con la quale viene anche celebrata una messa.
La Festa patronale di S. Vincenzo Ferrer e la Sagra dei Cicatelli, un tipo di pasta simile ai cavatelli ma un po' più lunghi, senza apertura centrale, e con un'incavatura all'interno, servita con sughi o salse a base di carne o di verdure molto saporite, sono altri appuntamenti tradizionali che la popolazione di Celle San Vito predilige per ritrovarsi, divertirsi e rinnovare la sua secolare cultura francoprovenzale.
Per alloggiare:
Hotel  Apulia Palace Lucera
www.hotelpalacelucera.it

Nicoletta Curradi

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