Lungo il Tavoliere delle Puglie e i suoi paesaggi brulli, posizionata sulle pendici del Subappennino Dauno ecco Troia, terra di conquista e nome antico che ci riporta fino alla mitologia greca. Ma non siamo in Turchia, bensì in Puglia. Troia, antichissima città, fa risalire le sue origini al famoso eroe greco della guerra Diomede. Curioso è lo stemma della città, all'inizio vi era raffigurata una scrofa che allattava sette porcellini, solo nel 1536 Carlo V decise di sostituirlo con un'anfora d'oro e una corona da dove si divincolano cinque serpenti, segno dell'astuzia degli abitanti del luogo.
La città di Troia si innalza su di una collina a circa 400 metri sul livello del mare, colma di storia, ne hanno raccontato Polibio, Strabone e Livio, il suo nome antico in epoca romana era Aecae. Terra di assedi, crociate, saccheggi, distruzioni e ricostruzioni, oggi Troia si presenta come una delle tante città pugliesi da visitare. Assediata dai Saraceni prima, poi trasformata in roccaforte dai binzantini e terra di numerosi concilli vaticani, la distruzione di Aecae avvenne nel 663 e per quattro secoli non si trovano tracce e fonti di testimonianze. Solo nel 1019 un alto ufficiale binzantino Baislio Bojoannes riedificò la città con il nome di Troia, ma non mancarono altre battaglie volte alla conquista. Troia conserva innumerevoli patrimoni artistici come la concattedrale di Santa Maria Assunta dallo stile romanico risalente al 1093 e il suo rosone ad undici raggi, unico nel mondo, rappresentato sulla vecchia banconota da 5.000 lire. Questa città si presenta come uno dei borghi medioevali più belli del meridione. Altre architetture religiose riempiono il centro abitato di Troia: la basilica di San Basilio del XI secolo e la chiesa barocca di San Francesco. Da visitare anche il palazzo vescovile, quello del Varo, Siliceo, dei Gesuiti e dei principi D'Avalos. Meraviglioso è il museo diocesano collocato nel convento delle suore benedettine risalente al XVIII secolo,
Tra i borghi più belli d’Italia c’è anche Pietramontecorvino, che sorge su uno sperone roccioso che domina il Guado degli Uncini, un colle nell’Appennino della Daunia.
Paese di circa 3000 abitanti, Pietramontecorvino è sorto a cavallo del millennio; il suo territorio è caratterizzato da grotte dove la popolazione trovava rifugio durante le incursioni e le guerre frequenti in quel turbolento periodo storico.
Il paese, infatti, che si chiamava solo Montecorvino, fino al termine del feudalesimo fu soggetto a frequenti passaggi di mano da una signoria all’altra e fu anche distrutto da un violento terremoto proprio negli ultimi anni dell’epoca medioevale.
Terravecchia, il centro storico di Pietramontecorvino, che prese questo nome nell’800, ha mantenuto l'originario tessuto urbanistico medievale, con le abitazioni in tufo, che sono in parte ricavate scavando direttamente la roccia tufacea.
L'abitato, di forma circolare, era un tempo cinto da opere di fortificazione lungo le quali si aprivano le tre porte, dette Porta di Santa Caterina, Portella e Port'Alta, che conserva oggi un pregevole arco ogivale.
La Torre Normanna, alta circa 30 metri, svetta non lontana dal duecentesco palazzo ducale, edificio di tre piani la cui ala nobile ha un ingresso sormontato da un mascherone che conduce nel salone di rappresentanza, mentre poco lontana si trova l'ultima casa-torre superstite.
Notevole anche la Chiesa principale, costruita nel XII secolo e ristrutturata nel ‘700 aggiungendo la scalinata esterna, il loggiato ed il portale laterale con un triplice arco ad ogiva; la torre campanaria, tipicamente medievale, è sormontata da una cupola in piastrelle di maiolica verdi e gialle.
Tra le varie iniziative che si svolgono in paese è particolarmente suggestiva la lunga processione di sette chilometri che da centotrent’anni si svolge il 16 maggio, nel giorno di Sant’Alberto, patrono del paese, tra Pietramontecorvino e l’antica Montecorvino, vero spettacolo di fede e partecipazione.
Nicoletta Curradi
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